giovedì 1 marzo 2018

LA MEGLIO GIOVENTU' CORESE

Lavorare stanca...un libro di Cesare Pavese ritrovato in libreria mi ha suggerito questo articolo... Il titolo evoca fatiche esiziali, schiene spezzate, usura del corpo e della mente. Altri tempi. Oggi il lavoro latita, appare un’ambizione chimerica per molti e soprattutto le nuove leve appaiono destinatari di inoccupazione e frustrazione sine die. Vennero i fannulloni. Poi i bamboccioni.
Per chi ha nozioni sociologiche alte il nostro è il tempo dei Neet, acronimo che indica i giovani non impiegati in un lavoro o in un corso di formazione e nemmeno studenti. Praticamente i “fancazzisti” (mi si permetta il francesismo) che ci mettono di fronte ad uno scenario che deprime e lascia poche speranze ad una generazione nata con un handicap pre-natale di nullafacenza.
Riflettevo su questo quando, ciondolando per Cori, mi imbatto in un negozio dove al di lá di un vetro opaco osservo un giovane tagliare capelli. Mi incuriosisco. Busso. Mi aprono e conosco Alessandro. “Vorrei scrivere di te” gli dico a bruciapelo e lui mi fa accomodare e mi racconta una storia che mi fa capire che in questo paesino i ragazzi non sono soltanto “parassitari”, finita la scuola si industriano, provano a bastare a sé stessi. Ossigeno puro per me. Alessandro da ragazzo sta con la madre ed il nonno nel negozio di famiglia, dove da tanti anni si “fanno i capelli” a tanti coresi. Dopo la scuola ecco la folgorazione. Dopo aver provato a prendersi cura della campagna nella quale lavora il padre,ecco che nonno Antonio lo invita a provare ad apprendere i rudimenti dell’arte del barbiere. Ore ed ore trascorse da Alessandro con il nonno. Piano piano l’amore e la passione lo prendono. Ecco cosa voglio fare da grande, afferma perentorio. Il solco della tradizione familiare continua. Il giovane corese va a Roma da un maestro che lo coccola e lo erudisce con determinazione. Vede in lui un talento. Verranno poi mesi di lavoro sul campo a Cisterna e finalmente gli viene riservato uno spazio nello storico negozio di famiglia. Ha le sue forbici. Si allena sulle teste di amici veri che fanno da cavia, i primi tempi. “Che sogno hai?” gli chiedo e lui “Andare nell’atelier di un grande acconciatore milanese a farmi fare i capelli”. Umiltà e voglia di fare.
Ecco un giovane corese da imitare. Uno sprone per i tanti ragazzi locali che hanno perso lo stimolo che li conduca con decisione all’autosufficienza. Alessandro è riuscito ad essere autonomo e questo conta tantissimo. Guardavo i suoi occhi illuminarsi nell’accogliere un amico cliente. Ama il suo lavoro e nel salutarlo mi dice che lavorare a Cori è un punto d’arrivo. Magari lo sfizio di andare a Milano se lo toglierà. Ma tornerà nel suo nido, tra la sua famiglia, dall’amato nonno, dai suoi adorati amici. Cori per lui è il centro del suo mondo professionale ed affettivo. Un “giovane favoloso” che fa ben sperare nel ricambio generazionale che solo se garantito può rendere il nostro paese vivo e ricco di speranza per il futuro. Alessandro andrebbe premiato dalla politica locale e portato nelle scuole di Cori a raccontare il suo percorso di crescita. Per i giovanissimi scolari sarebbe un esempio da emulare. Avrebbero di fronte la prova provata che se vuoi...puoi.
Scritto da Mario Trifari - Pubblicato sul numero 1 del 2018 nel Il Corace

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